La Rete come bene comune
“Quello che è mio è mio” si dice, ma di chi sono quelle cose che fanno bene alla comunità? Quali sono quelle cose che devono essere tanto mie, quanto tue? C’è qualcosa che va al di là della dicotomia beni privati/beni pubblici, e sono quelli che chiamiamo “beni comuni”.
L’amatissimo giurista Stefano Rodotà, che fu anche a capo di una commissione dedicata ai beni comuni, li definiva come quelle cose o spazi che esprimono la loro utilità nell’esercizio dei diritti fondamentali e dello sviluppo della persona: proprio per questo, Rodotà riteneva fondamentale che questi beni fossero curati e salvaguardati anche dall’ordinamento giuridico, per poterne garantire la loro funzione collettiva anche a beneficio delle generazioni future. I beni comuni devono pertanto essere inclusivi, facilmente raggiungibili e utilizzabili da tutti, proprio per la loro utilità collettiva, per la loro capacità di mettere in relazione e in comunicazione i cittadini.
Se lo guardiamo da questo punto di vista, Internet potrebbe avvicinarsi a quello che concepiamo come un bene comune. La Rete è un terreno di incontro e confronto, ma non solo: può essere un posto ricco di servizi, da quelli istituzionali agli e-commerce; ma anche un’opportunità di studio, ricerca e approfondimento, basti pensare a quanti documenti scientifici e paper accademici siano disponibili in open access, e chi più ne ha più ne metta.
È vero che, soprattutto in determinate parti del mondo, c’è ancora una situazione problematica, il così detto digital divide, ossia la difficoltà o l’impossibilità per molte persone di accedere alla rete a causa di fattori economici, geografici, infrastrutturali. D’altra parte, però, l’accesso a Internet è ormai enormemente diffuso e continua a dimostrare il suo potenziale nella creazione di spazi di comunicazione e aggregazione virtuali.
La pandemia da Covid-19 ha sicuramente portato a galla la rilevanza della Rete nel connettere e avvicinare le persone, trasformandolo in uno strumento indispensabile nel momento del lockdown, ma sollevando anche una questione sul quotidiano post-pandemia. Infatti, Internet non è solo uno strumento di aggregazione, ma abbiamo avuto un esempio concreto di come possa consentire lo sviluppo di attività per lo studio, il lavoro… e il Volontariato!
Lo sappiamo bene noi di Happy Angel, che abbiamo lanciato (ormai un anno e mezzo fa) la nostra piattaforma per fare volontariato online, che ha riscosso successo tra i giovanissimi e non solo.
Se si pensa alla Rete e alle sue potenzialità non possiamo fare a meno di pensare che il diritto di accedervi dovrebbe essere tutelato e promosso. Si muovono in questa direzione molte università italiane che forniscono agli studenti delle sim per accedere gratuitamente ad Internet. Tornando a Stefano Rodotà, è grazie a lui se oggi in Italia si parla di diritto di accesso ad Internet, infatti fu proprio lui il fautore della proposta di inserire un articolo nella Costituzione (e, in seguito, di un emendamento all’articolo 21) che ufficializzasse il diritto di accesso alla Rete.
La sua proposta ha incontrato degli ostacoli, ma negli anni successivi il dibattito è stato riaperto dal Legislatore, in quanto più si va avanti e più la Rete si presenta come la cornice del concetto di cittadinanza digitale, concetto più che mai tangibile grazie all’utilizzo dello SPID o delle piattaforme come l’app IO e PagoPA, che mettono in contatto gli individui con le amministrazioni in maniera semplice e veloce. Al momento, seppure siamo lontani dalla salvaguardia che darebbe la Costituzione, il diritto all’accesso ad Internet è tutelato dalla “Dichiarazione dei diritti di Internet” redatta dalla Commissione per i diritti e i doveri di internet della Camera dei Deputati.
È importante che a fianco al diritto all’accesso alla Rete venga riconosciuto un diritto all’alfabetizzazione digitale e informatica dei cittadini, nel momento in cui il web diventa uno strumento fondamentale per avvicinarsi a servizi riguardanti prestazioni mediche o amministrative: chi di noi non ha dovuto aiutare un nonno, una zia o un genitore a prenotare i vaccini per il covid? I cittadini, soprattutto i più anziani o quelli che vivono in zone meno raggiunte dalla tecnologia, dovrebbero avere il diritto di poter imparare ad utilizzare la rete in autonomia per poterne cogliere appieno le sfaccettature, le potenzialità e le opportunità che questa offre senza sentirsi in difetto.
C’è poi un altro tema, particolarmente caro a noi di Happy Angel: la digitalizzazione delle piccole organizzazioni non profit. Non sempre, infatti, queste realtà hanno la disponibilità di budget e risorse umane (oltre che le competenze digitali) per approcciare alla Rete nel modo giusto, quello che le farebbe crescere! Il volontariato digitale può dare una mano in questo senso, perchè ci sono tantissimi appassionati del web disposti a donare il proprio tempo e le proprie capacità per supportare le organizzazioni non profit, nel loro percorso verso una maggiore digitalizzazione. Vi abbiamo raccontato alcune delle loro storie QUI.
Pensiamo infatti che la Rete offra tantissime opportunità per fare squadra e agire per il bene comune. È per questo che crediamo nel volontariato digitale, che si sta dimostrando uno strumento potente per coinvolgere le persone e permettere loro di dare un contributo concreto, anche quando il tempo a disposizione è poco, anche da remoto!
Sfrutta il buono della rete.. diventa anche tu un Happy Angel.
Articolo scritto da

- Sono una studentessa romana di ritorno dalla Romagna, la bellissima terra che mi ha adottato per due anni e nella quale sono giunta affamata di conoscenza (e piadine). Sono appassionata di politica, comunicazione e cultura pop, tre strumenti che possono fare tanto bene se utilizzati nella maniera giusta: nel mio piccolo mi piace cercare la giusta via, condividendo il mio percorso con chi, come me, ha ancora voglia di vedere il buono nelle cose.